“Una storia triste sì…ma anche una storia di speranza” – di Piero, Tiziana e Giovanna Pitocchelli

12 Set

Non fare di tutta l’erba un fascio. Non generalizzare. Non associare ogni cosa al tutto. Proprio così. Spesso è la mala-sanità a fare notizia. Ma non è sempre così.

A tal proposito, oggi volevo condividere con voi “una storia triste sì…ma anche una storia di speranza”. Si tratta della vicenda di mio zio, così sintetizzata dai miei cugini Piero e Tiziana e da mia zia Giovanna.

Scrivono: “La morte fa parte della vita e per quanto dolorosa non deve meravigliare”, (lo stesso che diceva Jobs nel suo discorso ai neolaureati di Stanford). “Quello che, invece, ci ha sorprendentemente meravigliato è l’aver conosciuto, in questa esperienza, uomini e donne con un grande cuore, che con la loro bontà e la loro umiltà, ci hanno accompagnato nel periodo più buio. E la speranza è proprio questa: quella di poter continuare così: con professionalità, umiltà e tanto cuore”.

Ed è proprio grazie a questi “uomini e donne con un grande cuore” che si può sperare in una sanità migliore, non solo finalizzata al profitto.

A voi il TESTO.

Vi racconto una storia.

La storia che vi racconto è quella del Sig. Giuseppe Pitocchelli, il Prof. Giuseppe Pitocchelli, mio padre, ricoverato al Sant’Anna e San Sebastiano all’inizio di questa che, per tanti ma non per noi, è stata una ordinaria estate.

La storia ha inizio la mattina del 26 Giugno u.s., quando il Prof. come lo chiamano tutti, arriva al P.S.  e,  valutata la situazione clinica, se ne decide il ricovero che,  per mancanza di posti disponibili nei reparti di Urologia e/o Nefrologia preposti per la disfunzione constatata, viene disposto nel reparto di Geriatria, ormai nella prima serata.

Quando si aprono le porte di quel reparto, nessuno immagina cosa sarebbe successo, né chi avremmo incontrato… mai avremmo pensato che quella sarebbe stata la nostra casa per tanto tempo.

La prima persona che incontra il Prof. quella sera è la Dott.ssa L. Amato, “la dottoressa bellissima”, come lui stesso la chiamerà sempre, che da quel primo momento lo seguirà passo dopo passo per tutta la storia, non solo professionalmente, ma anche e, soprattutto, umanamente, diventando senza accorgersene la “sua dottoressa”…quella da chiamare in qualsiasi momento, anche se non di turno, anche senza un motivo particolare, solo per raccontarle di cose vissute da ragazzo….

La storia dei primi giorni che vi racconto, passa attraverso analisi, esami, consulenze specialistiche, spesso contrastanti, dovute anche alla già compromessa  condizione clinica di base del Prof;  ma è proprio in quei giorni che incontriamo il Dott. S. Sacco, non solo un medico del reparto di Geriatria, ma un vero e proprio sostegno che si batte con e per noi, in prima persona, al fine di ottimizzare i tempi, quelli che in quel momento erano decisivi.

Tutto questo dopo circa dieci giorni, si concretizza in una nefrostomia .

I giorni passano, e la situazione clinica va normalizzandosi, il Prof. sembra stare meglio, tanto da spingere i medici a parlare di dimissioni; ma c’è qualcosa che non va, non è ancora il momento di lasciarlo andare a casa..sarà infatti la Dott.ssa L. Amato, in turno il giorno previsto per la dimissione, e dopo la visita di routine, che deciderà di trattenerlo ancora un po’.

Quando, quello stesso giorno, come un fulmine in una giornata di sole, una crisi epilettica, imprevista ed imprevedibile  colpisce il Prof. e ferma il suo cuore. Solo il tempestivo e professionale intervento degli infermieri e della Dott.ssa Varricchio, fanno sì che quel cuore riprenda a battere, dopo ben dieci minuti di silenzio.

Di nuovo analisi, esami, consulenze, Tac. Ed è allora che, inesorabilmente, si fa luce su un problema molto più grande.

Il Prof., operato un anno prima di neoplasia vescicale, e poi trattato radioterapicamente, non era stato risparmiato: nel frattempo il male, silenziosamente, aveva sviluppato metastasi al polmone, al fegato e al cervello..era scoppiata una bomba, dentro di lui e intorno a noi.

Vi racconto la storia nella storia..è quella dell’umanità, della semplicità e della familiarità usata dai medici nel comunicarci tutto questo..il tatto, le parole dette, non da freddi e impenetrabili medici, ma quelle di un familiare che parla ad un altro..a noi..

I giorni passano e tutti, medici e infermieri, sembrano stringersi intorno, sembra come se ci volessero proteggere, tranquillizzare. E lo stesso fanno con il Prof, lo proteggono dalle brutte notizie che conoscono, lo trattano invece come se fosse loro padre, un loro fratello anziano, una persona della loro famiglia.

I medici e gli infermieri cercano di distrarlo, spesso intrattenendosi a scherzare con lui, cercano di rincuorarlo nel dirgli di avere pazienza e di aspettare che la terapia farmacologica facesse effetto.

Anche quando il Prof. comincia a paralizzarsi totalmente, conservando però sempre la lucidità che gli è propria.

I giorni passano, le crisi epilettiche continuano, nonostante i farmaci somministrati per cercare di minimizzarle, il reparto di Geriatria diventa la nostra casa, la nostra vita, tutti i giorni, tutte le notti, vicino al Prof., che ormai ha bisogno di aiuto anche solo per bere un po’ d’acqua.

Tutti i giorni, tutte le notti accompagnati dai nostri nuovi familiari, medici e infermieri, che ormai ci conoscono, che sempre e, dico sempre, ci sono vicini, anche solo con una parola, uno sguardo, un caffè..tutti ci stanno dicendo, noi siamo qui..

E’ all’inizio di Agosto, che per strane logiche aziendali, il reparto di Geriatria viene trasferito e accorpato a quello di Cardio/Pneumologia..tutto però è più nuovo, più moderno, e soprattutto più fresco con i climatizzatori nelle stanze..ma medici e infermieri non ci conoscono, non conoscono il Prof. Giuseppe Pitocchelli e la sua storia: saranno “i nostri amici” della Geriatria a raccontarla anche a loro e da quel momento, la nostra famiglia cresce,  e anche lì troviamo sostegno, comprensione, professionalità.

E’ ormai Agosto inoltrato, e il Prof. festeggia il suo 75° compleanno con questa sua nuova schiera di amici, noi, medici e infermieri.

Ma il Prof. è stanco, reso immobile dall’accanimento della malattia che più di tutto gli comprime parte del cervello, ma sempre lucido e presente..tanto da chiedere anche spiegazioni su cosa stava succedendo direttamente al Dott. M. Parillo, Primario del reparto di Geriatria, che ovviamente a conoscenza di tutto, cerca però in qualche modo di tranquillizzarlo.

I giorni passano, e il Prof. piano piano perde l’uso della parola, ma continua a comunicare con gli occhi e l’espressione del volto. I medici sanno cosa sta accadendo.

Il Dott. S. Sacco, con quella umanità che lo ha contraddistinto dall’inizio, cerca di spiegarlo anche a noi, cerca di tranquillizzarci per quanto possibile, e in modo ineccepibile continua  a fare il suo lavoro..così come tutti gli infermieri, che alla fine di ogni turno vengono a salutare il Prof.,  loro amico, e noi.

I giorni passano, il Prof. si lascia andare, nel suo silenzio, ad un riposo che a noi tutti sembra strano: sarà il Dott. Donatiello, a spiegarci che, ormai, è in coma vigile; lui ci vede, ci sente, ci comprende, ma è da un’altra parte.

Passa un giorno ancora, siamo al 31 Agosto, il Dott. Donatiello è di turno, e dopo la visita di routine, con una sensibilità propria di un familiare ci da coraggio, stringendosi ancora di più intorno a noi.

L’estate è ormai quasi finita, il Prof. ha conosciuto tante persone, si è fatto volere bene e lui stesso ha apprezzato tutti quei medici e infermieri che lo hanno curato, accudito in questo tempo.

E con la sua famiglia tutta intorno se ne va per sempre.

In questa storia sono accadute tante cose, e ci sono tante persone che si sono meritate la nostra stima incondizionata e il nostro affetto: il Dott. M. Parillo, la Dott.ssa L. Amato, La Dott.ssa G. Varricchio, Il Dott. S. Sacco, il Dott. A. Donatiello; e gli infermieri Iolanda e Giovanni, Mimmo e Pietro, Silvio e Domenico, Marialuisa e Luigi, Raffaele e Mena, Maddalena, Francesca e Lina, (Rep. Cardio/Pneumologia)Mattia, Carolina e Peppone.

A tutti loro, va il nostro ringraziamento più sentito. Perché quella che vi ho raccontato, è una storia triste sì…ma anche una storia di speranza. La morte fa parte della vita e per quanto dolorosa non deve meravigliare. Quello che, invece, ci ha sorprendentemente meravigliato è l’aver conosciuto, in questa esperienza, uomini e donne con un grande cuore, che con la loro bontà e la loro umiltà, ci hanno accompagnato nel periodo più buio. E la speranza è proprio questa: quella di poter continuare così: con professionalità, umiltà e tanto cuore.

 

Piero, Tiziana e Giovanna Pitocchelli

http://www.antoniolomastro.com

Lascia un commento