Non si può rimanere sordi davanti all’appello lanciato da Emergency. L’associazione ha bisogno del nostro aiuto per “non smettere di curare le persone” e soprattutto, come scriveva Gino Strada nel suo S.O.S, maggiore impegno “affinchè non venga interrotto uno straordinario esperimento umano di cura e di cultura”. Emergency è un associazione indipendente. La sua esistenza dipenda da noi. Ma da noi dipendono anche molte altre cose.
In Afghanistan. 3 centri chirurgici, a Kabul, Anabah, Lashkar-gah. Il centro di maternità a Anabah. Dipendono da noi.
In Cambogia. Il centro chirurgico a Battambang e 5 posti di primo soccorso. Dipendono da noi.
In Iraq. 3 centri di riabilitazione, a Sulaimaniya, Diana e Dohuk. Dipendono da noi.
Nella Repubblica Centro Africana. Il centro pediatrico di Bangui dipende da noi.
In Sierra Leone. Il centro chirurgico e il centro pediatrico a Goderich dipendono da noi.
In Sudan. 3 centri pediatrici a Mayo, Nyala e Port Sudan. Il centro di cardiochirurgia a Soba. Dipendono da noi.
In Italia. I poliambulatori di Marghera e di Palermo. Dipendono da noi.
Vogliamo davvero far saltare tutto questo? Emergency in 17 anni ha curato oltre 4 milioni e mezzo di persone. Ogni 2 minuti ne cura un’altra, in zone devastate dalla guerra e dalla povertà. A noi non costa niente, ma i benefici che ricevono le persone, nostre coetanee, sono davvero tanti. Parecchi. Diversi sono i modi per contribuire, come ho già scritto in un mio vecchio articolo. La più semplice? Prendete la tessera. Come ho fatto io!