“La sanità italiana era una delle migliori del mondo fino ad un paio di decenni fa. Anche fino a dieci anni fa continuava a reggere. Però era già in calo e alla fine è stato un calo progressivo. Oggi la sanità italiana è in crisi profonda.
Perché? Perché si è cominciato a trasformare gli ospedali, che devono essere luoghi ospitali, in aziende. Perché l’interesse non è più la salute della persona o la salute della collettività, ma il fatturato.
Si è cominciato ad introdurre il rimborso a prestazione. Per chiunque lo faccia, che sia un ospedale così detto pubblico. Perché non esistono più. Perché gli ospedali pubblici oggi funzionano esattamente come gli ospedali privati convenzionati. Cioè rimborso a prestazione. Tot prestazioni fai, tot ti rimborso. Questo è socialmente pazzesco. Perché vuol dire incitare i medici alla delinquenza. Perché allora l’interesse del medico o della struttura non diventa la salute della persona, ma diventa quante prestazioni fai. Allora l’interesse è che la gente stia male. Così si possono fare più prestazioni. Anziché che la gente stia bene.
L’ideale per un pompiere è di non far niente tutto il giorno, perchè così vuol dire che non ci sono stati incendi.
Hanno introdotto i rimborsi a prestazione. Hanno introdotto i ticket. Hanno anche lì cancellato la costituzione.
I soldi? Molto semplice. Lo spiego subito. La sanità italiana costa 115 miliardi di euro l’anno. 30 miliardi, di questi 115, vanno in profitto. Cioè nelle tasche di investitori privati o in sprechi, maneggi e ruberie delle strutture così dette pubbliche. 30 miliardi all’anno è una manovra finanziaria. Con 30 miliardi all’anno si potrebbe investire in ricerca, strutture, in stipendi per i nostri infermieri, per esempio, che lavorano con grande passione e nella maggior parte dei casi guadagnano stipendi da fame. Si potrebbero investire. I soldi sono lì. Basta non rubarli. Basta non prenderli.
La sanità che ha dentro il profitto è una cosa che ci danneggia tutti. Perché prima o poi tutti quanti avremmo bisogni di cure mediche.
Io non farei nessuna nuova convenzione tra pubblico privato. E a scadenza non rinnoverei nessuna delle convenzioni esistenti. Il privato vuole fare il privato. Lo faccia. Ma con i soldi suoi. Perché il privato deve fare il privato con i soldi del pubblico”.
GINO STRADA